Le intemperanze degli ultras della Juventus nella partita vinta contro il Napoli sono costate un turno a porte chiuse per tutti gli abbonati della cosiddetta Curva Sud, settore da 9572 posti più i 108 riservati ai portatori di handicap. Questo tipo di sanzione colpisce tutti indistintamente; chi non ha partecipato ad alcun coro e, assurdo ma vero, anche chi non era fisicamente presente allo Stadio per un qualsiasi motivo. Anche questo ipotetico spettatore assente è stato colpito dal provvedimento, che gli impedirà di assistere al match del prossimo 20 di ottobre contro il Genoa.
Partiamo da una premessa: i cori di discriminazione territoriale e gli ululati razzisti nei confronti di Koulibaly ci sono stati. Leggendo qui e là in rete si sono lette le versioni più disparate e fantasiose, ma chi era presente allo stadio ha potuto “ascoltare” entrambe le cose. Sulla discriminazione territoriale si potrebbe aprire un capitolo a parte; negli stadi si sente di tutto e voler sostenere che un coro sulla presunta scarsa igiene dei napoletani sia di natura discriminatoria è, a parere di chi scrive, risibile. Altrimenti si potrebbe dire qualcosa anche sul coro omofobo e classista (inutile citarlo) che i napoletani intonano per insultare gli juventini.
Al tempo stesso è risibile anche sostenere che invocare l’eruzione del Vesuvio possa avere qualche effetto nella realtà o che questo sia diverso dal tolleratissimo “-Nome della città X– in fiamme” cantato in tutti gli stadi d’Italia e del tutto ignorato dalle orecchie dei giudici sportivi. Se il Vulcano ci fosse stato a Roma, Milano, Torino o Genova sarebbe stato usato allo stesso modo dai napoletani e da tutti gli altri.
Addentrarsi su questo terreno accidentato, però, serve a poco; allo stadio bisognerebbe fare il tifo PER la propria squadra e non passare il tempo ad insultare quella avversaria.
L’istituto del gradimento
Da quest’anno c’è una novità molto importante rappresentata dal nuovo Protocollo d’Intesa per “Il rilancio della gestione, tra partecipazione e semplificazione”, figlio dell’abolizione della tessera del tifoso, trasformata in una carta di fidelizzazione delle stesse società sportive. A firmare questo nuovo protocollo sono state tutte le parti in causa: FIGC, CONI, Ministero dell’Interno, Ministro dello Sport, Lega Serie A, Lega B, Lega Pro, LND, AIC, AIAC e AIA.
Sulla base di questo protocollo le società di calcio professionistiche si sono impegnate ad “organizzare la propria Ticketing policies, riservandosi l’opzione di condizionare l’acquisto del titolo di ammissione alla competizione (biglietti, abbonamenti) e/o la sottoscrizione di carte di fidelizzazione da parte dell’utente ad un’accettazione tacita delle ‘condizioni generali di contratto’, consistenti in un codice etico predeterminato“. Quindi: “La violazione di questo deve comportare, quale meccanismo di autotutela, la sospensione o il ritiro del gradimento della persona da parte della medesima società per una o più partite successive“.
In buona sostanza le società si sono dovute dare delle regole di comportamento – ovviamente conformi alla legge – e qualora uno o più dei tifosi presenti allo stadio le violasse, le società avrebbero il dovere di sospendere o escludere il/i tifoso/i dallo stadio in base al proprio codice di comportamento.
La Juventus, come le altre società, ha provveduto a stilare il suo “Codice di regolamentazione” o “Istituto del gradimento”.
La reazione degli ultrà
Ovviamente, come era lecito aspettarsi, gli ultrà non hanno per nulla gradito la possibilità che le società potessero emettere quello che è stato da loro impropriamente – ma efficacemente – ribattezzato “Daspo societario“. In risposta a questa iniziativa è stato emesso un “comunicato unitario” – non firmato però in calce da nessun gruppo – per spiegare le ragioni del contendere.
Secondo gli autori del comunicato L’Istituto del Gradimento rappresenterebbe: “Una nuova spada di Damocle sulla testa di tutti i tifosi di calcio, imposta fra l’altro sottobanco e in un periodo (quello estivo) durante il quale molti cittadini sono distratti o addirittura assenti. Uno strumento che non prevede fra l’altro ricorsi, se non in forma ufficiosa alla stessa società di origine, quindi -come si può ben capire- senza alcuna garanzia“. Per gli ultrà si tratta “di una vera e propria porcata“.
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Lo “sciopero” degli ultrà della Juventus
I cori di offesa nei confronti dei napoletani ed i disgustosi ululati nei confronti di Koulibaly hanno rappresentato un unicum nella partita contro il Napoli. La Curva Sud della Juventus fin dall’inizio della stagione ha infatti deciso di indire uno “sciopero del tifo“, in virtù del quale non ci sono “lancia cori” ad animare le partite. Per la maggior parte del tempo, dunque, a Torino e in trasferta la Juventus non può beneficiare del sostegno dei propri tifosi. Il silenzio viene rotto solo al 39esimo del primo tempo di ogni partita per ricordare le vittime della Strage dell’Heysel e, contestualmente, per insultare i tifosi del Liverpool. Parimenti la curva torna a cantare solo nel finale dei match, ma molto raramente per dedicare cori di sostegno per la propria squadra.
I motivi dello sciopero – o almeno quelli comunicati – sono: il significativo aumento del costo dell’abbonamento e l’introduzione del succitato Codice di Comportamento. Stando al codice di comportamento della Juventus sono “discriminate tutte le condotte contrarie ai valori dello sport ed al pubblico pudore, nonché tutti quegli atti che nella loro espressione sostanzino comportamenti discriminatori su base razziale, territoriale, etnica e religiosa verso la tifoseria avversaria, le istituzioni e la società civile o che, in contrasto con i principi di probità e correttezza, istighino alla violenza in ogni sua espressione“.
Nel caso della Juventus sono rilevanti, al fine della valutazione del “gradimento”, tutte le condotte collegate ad un evento calcistico, “a prescindere dal luogo e dal tempo in cui sono tenute, e pertanto anche se poste in essere al di fuori dell’impianto sportivo, incluse le fasi di trasferta o comunque in relazione ad eventi diversi dalle gare“. Così facendo, la Juventus si è riservata – potenzialmente – il diritto di escludere tifosi violenti, incivili e razzisti.
Inoltre, può essere emesso il “Daspo societario” anche nei confronti di chi fa bagarinaggio, oltre ad essere altresì vietata “la conduzione all’interno e/o in prossimità dell’impianto di attività commerciali o promozionali non autorizzate dalla Società“. In questo modo la Juventus ha impedito la vendita di sciarpe, felpe, bandiere etc. da parte dei gruppi ultrà nei pressi o all’interno dell’impianto.
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Il ricorso della Juve contro la squalifica
Nonostante lo sciopero in corso e il clima sicuramente molto conflittuale con i gruppi organizzati, la Juventus ha comunque deciso di presentare ricorso contro la chiusura della Curva Sud. La difesa della società è stata affidata all’Avvocato Luigi Chiappero, che ha contestato il fatto che alla Curva della Juventus non sia stata applicata “la cosiddetta condizionale“, ovvero la possibilità di sospendere l’esecuzione della sanzione, sottoponendo la società ad un periodo di prova di 1 anno. L’obiezione dell’avvocato è corretta, anche se non è appunto paragonabile alla sospensione condizionale della pena prevista dal codice penale, con la quale si prevede esplicitamente di sospendere la pena detentiva per le condanne di una precisa entità.
Nel codice di giustizia sportiva si tratta, invece, di una possibilità; il giudice sportivo può applicare la sospensione, ma non deve farlo. In casi di “particolare gravità” può anche decidere di applicare subito la pena. Se questo fatto, nel caso specifico, rientri o meno tra quelli di “particolare gravità”, che quindi richiedono una punizione immediata, lo può decidere solo il Giudice Sportivo. Naturalmente, vista l’ampia documentazione dei precedenti riguardanti la Juventus e tutte le altre società, l’avvocato Chiappero avrà avuto modo di argomentare per chiedere l’applicazione della sospensiva anche in questo caso.
L’avvocato ha però fatto una giusta riflessione: “Mentre scrivevo le poche righe a sostegno del ricorso Juventus contro la chiusura delle curve per la partita Juventus-Genova del 20 ottobre non riuscivo a non pensare alla contraddizione insita nell’atto che stavo redigendo: mi opponevo ad un’ingiustizia per (in fondo) dar voce ad un gesto solo da condannare“.
E poi ha aggiunto: “È forse ora di cambiare passo. Non credo che la responsabilità oggettiva per le società per i cori razzisti e territoriali sia un buon metodo per punire ciò che davvero deve essere sanzionato. È ora di punire i singoli autori di comportamenti sbagliati. È ora di applicare la responsabilità individuale, almeno laddove la tecnologia lo consente, come nel caso dell’Allianz Stadium“.
Le parole dell’avvocato sono inoppugnabili: è arrivato il momento di punire i singoli autori. Allora una domanda sorge spontanea: cosa aspetta la Juventus ad applicare il suo “Codice di Comportamento” allontanando dallo Stadium chi sente l’esigenza di emettere ululati all’indirizzo dei giocatori di colore delle squadre avversarie?
I bianconeri possiedono uno stadio all’avanguardia, dotato di moltissime telecamere, e sarebbero perfettamente in grado di “sospendere il gradimento” ai razzisti e agli incivili, escludendo finalmente quei soggetti che attualmente esercitano un potere intimidatorio – al pari degli ultrà di tutti gli stadi italiani – nei confronti dei normali e più civili tifosi. Gli strumenti, finalmente, ci sono; l’avvocato Chiappero dovrebbe rivolgere l’appello alla società.
L’occasione è ghiotta: la Juventus segua il consiglio del suo avvocato e si liberi di chi non dovrebbe mettere piede in nessuno stadio. Nel calcio non ci deve essere spazio più spazio per i razzisti e i violenti.
Guardando al fatto che il semplice annuncio da parte dello speaker dopo i cori razzisti viene considerato un elemento a discolpa della società coinvolta, figuriamoci come sarebbe facile vedersi accolto il ricorso se la Juventus dimostrasse di aver punito individualmente i protagonisti degli ululati razzisti.
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